Il Governo Regionale disattende gran parte dell’accordo del 7di giugno? La Flc non ci sta, chiede chiarezza al Presidente Crocetta e rilancia la lotta dei lavoratori, senza sconti né omissioni, per rimettere in pista il confronto

Il Governo Regionale disattende gran parte dell’accordo del 7di giugno? La Flc non ci sta, chiede chiarezza al Presidente Crocetta e rilancia la lotta dei lavoratori, senza sconti né omissioni, per rimettere in pista il confronto
ago 09

La Flc, infatti, insieme con la Cisl Scuola, la Uil Scuola, ha animato una grande stagione di lotta nella primavera scorsa, con la partecipazione di migliaia di lavoratori, a ben nove giorni di sciopero ed a tre manifestazioni regionali a Palermo.

Grazie alla mobilitazione dei tre sindacati confederali si è raggiunto un accordo, negoziato dal 4 al 7 giugno, sottoscritto alla Presidenza della Regione, assieme ai rappresentanti del Governo Regionale – Segreteria Tecnica del Presidente Crocetta, Assessore all’Istruzione ed alla Formazione Professionale ed Assessore alla Famiglia, le politiche sociali ed il Lavoro – ed a quelli delle principali associazioni dei datori di lavoro.

Dal momento della sottoscrizione dell’Accordo si sono sviluppati alcune tematiche, a partire da quella degli impegni assunti dal Governo per la soluzione della vera e propria “emergenza salariale” dei lavoratori, fino a quelle di prospettiva, seguendole e monitorandole attraverso tavoli tecnici e confronti istituzionali, che hanno dato, per molti versi, esiti ancora insufficienti ed interlocutori.

Sul versante delle attività formative in carico all’Assessorato Istruzione e Formazione, a valere del c.d. “Piano Giovani”, è stata prodotta una direttiva per la riedizione dei progetti già valutati sull’Avviso 20/2011, sia pure con un taglio lineare del 10% per le filiere FORGIO e FAS.

Sul versante della Formazione Permanente, il Governo aveva assunto l’impegno a verificare la possibilità – e la disponibilità di risorse – a rieditare le corsualità già realizzate nell’anno precedente, e, nel corso degli ultimi confronti del 31 luglio e del 5 agosto, ha dichiarato di potere mantenere l’impegno, preannunziando una direttiva analoga a quella emanata perle attività del “Piano Giovani”.

Sul versante dell’Obbligo d’Istruzione e Formazione, invece, siamo ancora lontani dalla chiarezza espressa nell’Accordo, sia sotto il profilo delle emergenze salariali, sia sul versante delle prospettive, in quanto sembra che non sia ancora stata identificata la soluzione per avviare i secondi e terzi anni alla scadenza delle attività attualmente finanziate a valere del FSE con l’Avviso 19/2011,mentre per i primi anni sono stati chiesti agli enti gestori gli elenchi degli allievi che avrebbero chiesto di iscriversi.

L’Assessore Scilabra il 5 agosto ha riconvocato il tavolo tecnico, ma, in controtendenza con gli impegni presi a limitare il confronto alla sola presenza dei firmatari dell’Accordo del 7 giugno - e, prime tra questi, le organizzazioni sindacali confederali che hanno condotto la vertenza, proclamato scioperi e indetto manifestazioni partecipate, come si è detto, da migliaia di lavoratori – o, al massimo  estendendolo ad altri firmatari del CCNL, non sappiamo se per errore o per calcolo politico, ha consentito che fosse affollato di presenze a nostro modo di vedere non legittimate, causando una discussione per forza di cose carente di approfondimento tecnico, oltre che limitata nel tempo, data la quantità di soggetti presenti e che richiedevano la parola.

In questo incontro l’Assessore Scilabra ha insistito molto su principi che sembrano più slogan che indirizzi politici, del tipo: gli enti non devono licenziare nessuno, sennò gli togliamo i corsi; il mio Gabinetto sta lavorando con i funzionari del dipartimento all’aggiornamento dell’Albo dei formatori; tutti saranno tutelati, anche i licenziati dell’anno scorso e i lavoratori che loro malgrado lavorano presso enti oggetto di inchieste della magistratura.

Queste perentorie, generose e nobili affermazioni del rappresentante del Governo, rappresentate anche alle Commissioni Parlamentari seconda e quinta riunite in seduta congiunta in sede di audizione il 6 agosto, tuttavia si scontrano con alcuni dati di realtà che a coloro che operano nel settore sono purtroppo noti.

In primo luogo, gli enti gestori, nella qualità di datori di datori di lavoro, e per quelli associati nelle associazioni firmatarie dell’accordo, anche in quella di sottoscrittori, dovrebbero pretendere che l’Assessorato dia luogo a tutto quello che sotto il profilo delle procedure consenta il più rapido avvio dei corsi che hanno proposto di rieditare, perché questo renderebbe minore l’impatto sulla occupazione e renderebbe più efficace l’impegno sottoscritto a mantenere i livelli occupazionali, e ancora non lo fanno. Ogni giorno di ritardo dell’Amministrazione nel produrre atti d’indirizzo, direttive decreti e convenzioni o altri strumenti equivalenti è colpevole, ma toccherebbe ai datori di lavoro denunziarne l’inadempienza.

Infatti, le obbligazioni economiche nei confronti del personale corrono sugli enti, i quali non hanno finora dimostrato di avere alcuna solidità economica e patrimoniale; il taglio lineare produce certamente esuberi, che solo con un eufemismo possono essere chiamati “eccedenze”, anche se non necessariamente quantificabili esattamente nello stesso valore percentuale; trattandosi di un taglio “finanziario”, tranne che in alcuni e circoscritti casi di professionalità obsolete dei formatori, gli esuberi saranno individuati dagli enti prevalentemente nell’area amministrativa, quella che è già di suo sovrabbondante, e se in questa area potrebbero esserci soggetti riqualificabili o riconvertibili, questi sono tra i meno anziani perché a più alta scolarizzazione, mentre i più anziani risulterebbero difficilmente ricollocabili; la procedura di raffreddamento attraverso il tavolo tecnico trilaterale non può avviarsi senza un elenco delle attività ammesse, e senza un elenco delle professionalità necessarie e delle “eccedenze” da riallocare; la circolare 10 del 94 alla quale, insieme all’aggiornamento dell’albo l’Assessore e l’Amministrazione fanno riferimento, è, a detta di tutti coloro che se ne vogliono occupare davvero, un atto obsoleto, e non adeguato a rispondere anche alle modifiche introdotte dalla evoluzione legislativa e normativa del settore degli ultimi anni (si pensi soltanto al personale specialistico degli sportelli multifunzionali, ed alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni richieste nel delicatissimo settore dell’Obbligo d’Istruzione e Formazione), inoltre, la circolare 10 preclude, se non opportunamente aggiornata e modificata attraverso un atto concertativo come quello che le diede luogo, la iscrizione dei licenziati, che attualmente solo nel 2012 sono stati circa seicento;

alcune situazioni particolari, quelle di enti “senza testa” perché decapitati da provvedimenti della magistratura o perché (organismi amministrativi ed esecutivi dimissionari) in situazioni tali da non consentire i necessari atti di straordinaria amministrazione, gravano come una ipoteca sul sistema, e potrebbero produrre a brevissimo altre centinaia di esuberi; inoltre vi sono gli enti che sono stati privati dell’accreditamento, e che non pare sia possibile possano riaccreditarsi anche attraverso la nuova procedura decretata dall’assessore; i progetti di cui parla l’Assessore per il recupero del lavoro per tutta la platea di lavoratori licenziati, in esubero, eccedentari, di enti in crisi o oggetto di procedimenti giudiziari, etc, non sono chiari, né sono mai stati esplicitati alle parti sociali, se non per l’assunto che potrebbero essere affidati “in house” al CIAPI di Priolo, rievocando esperienze come quelle del progetto COORAP gestito dal Ciapi di Palermo,  e oggetto di recenti indagini della magistratura. E poi, con quale tipologia contrattuale e secondo quale “metodo” andrebbero trasferiti i rapporti di lavoro? Finora si è discusso di “sospensione del rapporto” tramite richiesta di aspettativa volontaria dei lavoratori, e l’Amministrazione esclude categoricamente il pur possibile ricorso al distacco previsto invece dal CCNL della formazione oltre che dalla legislazione del lavoro vigente (D. Lvo 297/2003).

Inoltre su tutto grava la ipoteca più grande di tutte, il nuovo assetto dei Servizi Pubblici per l’Impiego, di cui parleremo più avanti in maniera particolareggiata, che potrebbe produrre tra le criticità l’ingresso nella platea dei lavoratori da ricollocare e assistere anche i milleottocentocinquanta operatori degli sportelli multifunzionali.

Per tutte queste ragioni la Flc riterrebbe necessario per il Governo dare un impulso propulsivo a tutte le procedure necessarie per il rapido avvio dei corsi, perché, al momento, solo una proposta di riedizione dei corsi, senza riscontri, né decretazione, né impegno di spesa, né emanazione di strumenti convenzionali (come richiesti dagli enti e sui quali il Governo si è impegnato) o, almeno, disciplinari non può essere sufficiente.

Tuttavia, tra presunte “ingenuità” e volute incertezze, e non ostante una certa dose di pressappochismo e la scarsa progettualità, qualcosa appare muoversi nella sede dell’Assessore Scilabra e per i lavoratori delle filiere formative.

Dove invece tutto tace, e se non tace è ancora peggio, è la sede dell’Assessorato alla Famiglia, nel quale è arroccato l’Assessore Bonafede, presente anch’essa alla trattativa avviata il 4 giugno, perché chiamata d’imperio dal Presidente a presenziarne i lavori mentre migliaia di persone premevano alla porta di Palazzo d’Orleans, anch’essa impegnata dall’accordo in quanto “componente del Governo con delega per il Lavoro” e responsabile politico di quel ramo dell’amministrazione che si occupa oltre che delle politiche passive del lavoro anche di quelle attive, e che coordina tra i servizi periferici dell’Amministrazione, i Centri per l’Impiego e quindi anche i Servizi Formativi, e i c.d. Sportelli multifunzionali.

Giusto o sbagliato che sia, in Sicilia da 13 anni gli sportelli, ai sensi della legge regionale 24 del 2000, hanno garantito, ai sensi del decreto legislativo 469/97 ed in seguito in assenza di recepimento del decreto legislativo 297/2002 da parte della Regione Siciliana, le politiche dell’orientamento, quelle attive del lavoro e con professionalità ed efficacia pari all’impegno in essi profuso dai lavoratori in essi impegnati ed alla situazione data del Mercato del Lavoro siciliano, che certamente deve trasformarsi, ma non può nemmeno essere paragonato a quello di altre regioni d’Italia e d’Europa a causa di ragioni storiche che, senza scomodare l’atavica “questione meridionale”, vanno senz’altro ricercate nella incapacità dei Governi che si sono succeduti almeno negli ultimi due settenni ad utilizzare le risorse che l’Europa metteva a disposizione per creare lavoro (che non fosse quello dipendente nella formazione professionale) e a dare impulso alle imprese perché cominciassero a creare un trend economico diverso e non assistenziale.

L’assessore Bonafede, per impegno assunto dal Governo di cui fa parte, avrebbe dovuto convocare subito dopo l’accordo un tavolo tecnico per discutere della proroga dei Servizi Formativi – i cui progetti triennali scadranno al 30 settembre – fino a dicembre, e per individuare quale nuovo modello di attività per le politiche dell’orientamento e per le politiche attive del lavoro avrebbe dovuto essere attuato in Sicilia dal 1° ottobre in poi.

Dopo estenuanti tentativi di raggiungerla, e dopo averle rinnovato la richiesta molte volte, ed avere chiamato a garante dell’accordo lo stesso Presidente della Regione, le organizzazioni sindacali la hanno incontrata nell’atrio dell’Assessorato alla Famiglia che avevano “simbolicamente occupato” il 24 luglio, e sono subito state invitate a raggiungerla nei suoi uffici, dove, dopo un’ampia discussione si è determinato di continuare il confronto anche con i datori di lavoro il 26 luglio. In questa data però l’atteggiamento del Governo rispetto agli impegni assunti sembrava radicalmente cambiare, perché, per la prima volta affrontando i temi scottanti delle prospettive del lavoro di 1850 persone, l’Assessore dichiarava che siccome le politiche nazionali sui Servizi per l’Impiego stavano subendo una forte accelerazione per la riattivazione della delega, prevista dalla legge Fornero, e contenuta nel decreto 76, il così detto decreto del “Fare”, la Conferenza delle Regioni e la Conferenza Unificata che si sarebbero riunite il 30 ed il 31 di luglio avrebbero dibattuto delle linee guida da emanare, e, tra i modelli a confronto, quello proposto dalla conferenza delle regioni e dalla sua articolazione tecnica, che vedeva rimanere la competenza concorrente e una forte caratterizzazione regionale (consentendo così la coesistenza di modelli diversi, compreso quello di integrazione pubblico- privato come nella Regione Siciliana) veniva fortemente contrastato dal Governo Nazionale, che invece si faceva promotore, per la garanzia di livelli essenziali delle prestazioni omogenei in tutte le regioni, per ovviare ai provvedimenti che aboliscono le province, e per la costatazione dell’insufficienza dei risultati ottenuti dalle regioni, di un ritorno all’accentramento statale delle competenze in materia di politiche del lavoro, con le inevitabili ricadute sia sui comparti del pubblico impiego, sia sulle realtà dove si esplicano servizi di supporto o convenzionati con privati. Anche in questa occasione, a causa degli impegni istituzionali dell’Assessore – conferenza stampa del Presidente – l’incontro ha rischiato di non concludersi, ma le organizzazioni sindacali e alcuni dei datori di lavoro hanno deciso di considerarsi “ospiti dell’Assessore” fino a quando, opportunamente, l’incontro non ha potuto essere ripreso nella sede di Palazzo d’Orleans. L’incontro si è poi aggiornato al 1° agosto, ed ha avuto un epilogo “Istituzionale” nella audizione congiunta delle due Commissioni Parlamentari dell’ARS , Bilancio e Istruzione, Formazione e Lavoro.

In sostanza, in attesa delle determinazioni della Conferenza, l’Assessore sceglieva di non scegliere, e di identificare solo delle misure “tampone” nell’attesa (progetti a tempo determinato di cui non sarebbero chiari gli obiettivi, affidati in house al CIAPI di Priolo, con le incertezze sul numero, sul periodo, sul rapporto e sulla tipologia contrattuale dei lavoratori da impegnarvi o, in alternativa, la Cassa integrazione in deroga, e quest’ultima soluzione porrebbe non pochi problemi, sia per l’esiguità delle risorse disponibili, che per la vastità della platea di lavoratori generati dalla crisi del sistema imprenditoriale siciliano, alla quale si aggiungerebbero anche i 1850 degli sportelli multifunzionali).

Questa “non scelta” dell’Assessore Bonafede e del Governo veniva ribadita anche in audizione nella seduta congiunta della seconda e della quinta Commissione Parlamentare del 6 agosto.

E tutto ciò, non ostante le proteste del sindacato, le minacce dei datori e la riproposizione in ognuna delle sedi di confronto dell’idea della proroga degli sportelli “così come sono adesso”, almeno fino a dicembre.

In realtà, il dibattito nazionale sulla riforma dei Servizi Pubblici per l’Impiego va avanti da tempo e anche la Cgil Nazionale se ne è occupata, prevedendo e rinviando poi già dal novembre 2012 una iniziativa nazionale pubblica che dovrà tenersi probabilmente nel prossimo mese di settembre.

Le informazioni che abbiamo coincidono soltanto in parte con quelle date per categoriche e già definite dall’Assessore Bonafede, e ci confermano che il dibattito aperto in Conferenza delle Regioni verte sulla scelta tra due diversi modelli di riferimento: forte dorsale “pubblica” in capo a Italia Lavoro ed INPS e libera concorrenza di agenzie per il lavoro completamente private, o forte dorsale pubblica in capo ad Italia Lavoro, Isfol ed INPS per gli aspetti di controllo ed erogazione delle prestazioni. Non è chiaro, inoltre, quale rapporto gerarchico dovrebbe intercorrere da una parte tra dorsale pubblica e Agenzie per il Lavoro accreditate secondo gli accreditamenti regionali o autorizzate dal Ministero del Lavoro, e d’altra parte, tra la eventuale nuova Agenzia nazionale, le sue articolazioni regionali e gli Uffici pubblici (nel caso della Sicilia quelli del Dipartimento Regionale del Lavoro). Ma, se il dibattito è aperto, la scelta non è scontata, e anche all’interno del Dipartimento confederale la Flc ha fatto la propria parte richiedendo che nel dibattito si tenesse in considerazione l’impatto che alcune delle ipotesi in campo potrebbero provocare sull’occupazione nei sistemi regionali della formazione professionale, e non solo su quello siciliano.

Per quello che ci riguarda in Sicilia, siamo tuttavia convinti che non sia corretto prescindere dall’esperienza maturata in questi anni e dal contributo che alle politiche del lavoro hanno dato i lavoratori degli sportelli.

Per prima cosa torneremo a chiedere che i patti sottoscritti dal Governo vengano rispettati, le risorse reperite per la proroga almeno fino a dicembre, per avere il respiro necessario per identificare le soluzioni migliori, tenendo conto anche di tutti gli spazi disponibili tra quelli indicati dalla conferenza stato regioni.

Inoltre, alcune delle “parole d’ordine” che riguardano le tutele per i lavoratori del sistema, a partire da quelli già licenziati, appaiono di difficile attuazione, e senza volere certamente difendere un sistema clientelare ed autoreferenziale gonfiato dalla politica, che la Cgil e la Flc da anni denunciano, una tutela stabile senza gli enti, avvalorata in modo demagogico da alcune parti, appare difficile e fa correre il rischio di creare nei lavoratori speranze illusorie che potrebbero trasformarsi in cocenti delusioni.

Oggi la situazione è congelata, non ostante la temperatura agostana, dall’inevitabile rallentamento delle attività per le ferie, ma la Flc Cgil ritiene necessario individuare in ambedue i rami dell’amministrazione, e anche dell’Autorità di Gestione del FSE che non sembra avere brillato per avere impresso una accelerazione della spesa, le responsabilità delle criticità ravvisate che non hanno ad oggi consentito la piena attuazione dell’accordo del 7 di giugno, sia sotto il profilo della soluzione della emergenza salariale dei lavoratori, che fino ad oggi arranca, sia sotto quello, forse ancora più grave oggi, della assenza di prospettiva e di progetto, per le filiere dell’OIF per la inaudita gravità della assenza di atti programmatori che siano rispettosi della delicata fascia di utenti – minori in obbligo d’istruzione-  e, per quella degli sportelli multifunzionali, gravissima sotto il profilo occupazionale, quanto sotto quello del servizio da rendere ai lavoratori disoccupati, in cerca di occupazione, di ricollocazione, cassintegrati e soggetti alle politiche attive del lavoro obbligatorie per potere usufruire anche delle prestazioni di sostegno al reddito.

La Flc ritiene sia giunto il momento di riprendere la vertenza, già dall’ultima decade di agosto, e per questo cercherà il confronto con Cisl Scuola e Uil Scuola sulle determinazioni da assumere e sulle azioni da intraprendere, a partire dal valore delle iniziative unitarie che hanno condotto all’importante accordo del 7 giugno.

Ciò va fatto, secondo noi, rilanciando la lotta dei lavoratori e riaprendo tutti i fronti che sarà necessario riaprire, senza sconti né omissioni, stringendo il Governo alle proprie responsabilità e riconducendolo sulla pista di confronto corretto e rispettoso della rappresentatività delle parti che ha condotto all’accordo di giugno.

Formazione professionale | 09/08/2013

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